In questi giorni stiamo riprendendo dal Resto del Carlino, che ha preso a cuore l’iniziativa, diverse prese di posizione di personaggi del mondo dell’arte e della cultura sulla questione Colle dell’Infinito patrimonio dell’UNESCO.
Forse sarebbe il caso di fermarsi tutti un attimo e capire alcune cose.
Innanzi tutto capire bene se questo riconoscimento varrebbe solo per la sommità del colle che come tutti sanno non è quella che i turisti raggiungono sotto la scritta “.. sempre caro mi fu quest’ermo colle …”, ma quella di per se già preservata e che si trova compresa all’interno dell’ex orto della suore del S. Stefano, accessibile dal Centro Nazionale Studi Leopardiani anche se una porta vicino alla “sommità turistica” permane chiusa e sarebbe di gran lunga più comoda per accedervi.
Oppure il riconoscimento investe anche l’area del parco, Pincio e Pincetto compresi, quest’ultimo oramai in stato di abbandono da anni nonostante abbia i suoi vialetti e possa essere utilizzato, nonché un’area, fisiologicamente collegata la parco, che è già comunque vincolata dalla legge 1492.
Occorre dunque capire bene confini e criteri ispiratori perché in genere l’UNESCO valuta prima lo stato di mantenimento del bene e nel caso del Colle dell’Infinito, e sue immediate adiacenze, le cose non vanno per il verso giusto.
Vialetti che accusano incuria del tempo e manutentiva, scarpate che andrebbero rinforzate e protette, vegetazione che inizia a diradarsi, traffico veicolare (anche pesante: pullman e tir …) che non si riesce a rallentare proprio intorno alla curva su cui si affaccia il Colle, sacello del poeta in abbandono, “Pincetto” in egual stato, viale dell’esedra del CNSL trasformato in parcheggio, gigantesche scritte sui muraglioni. E il Colle non può essere estraniato da quell’ambiente “di prossimità” che è la Piazzuola Sabato del Villaggio attraversata da auto e trasformata in parcheggio. E l’elenco sarebbe lungo. Basterebbe fare un giro.
Un patrimonio va tutelato prima da chi lo amministra, poi semmai posto in tutela di sigle.