Anche il poeta pesarese Gianni D’Elia interviene sulla proposta di far diventare il Colle dell’Infinito patrimonio dell’Unesco. Lo scrittore pesarese ha reso una intervista a Franco Bertini del Resto del Carlino lanciando anche una sua proposta.
Il testo
-Gianni D’Elia, poeta, scrittore e saggista pesarese, a Recanati ci tornerà per l’ennesima volta verso la fine di settembre per partecipare ad un convegno leopardiano nazionale sul tema “La prospettiva antropologica nel pensiero e nella poesia”.
"Non per niente — spiega ancora D’Elia — io farò un intervento incentrato su 'La critica politica agli italiani da Giacomo Leopardi a Pierpaolo Pasolini'. Una panoramica dei nostri vizi nazionali passando dalla leopardiana 'Critica del cinismo' per risalire nel tempo fino agli 'Scritti corsari' e alle 'Lettere luterane' di Pasolini".
Visto che siamo già dentro un perfetto clima leopardiano, lei cosa ne pensa dell’iniziativa lanciata da qualche giorno dal 'Carlino' per far sì che il Colle dell’Infinito di Recanati diventi parte del patrimonio dell’umanità protetto dall’Unesco?
"Guardi, io nutro il culto per Leopardi come grande pensatore oltre che come poeta, per cui ritengo che sia senz’altro una bella cosa e anche una bella iniziativa, però...".
Però...?
"Però dovrebbe trattarsi di una cosa che non finisca col perdersi nella palude dell’ufficialità e della formalità celebrativa, ma che sia invece una cosa concreta, partecipata, non che si tratti della solita targa attaccata a un muro o a un monumento, ma che sia uno strumento per cui la poesia diventi sostanza della vita civile, non solamente una sterile rappresentazione".
Dunque lei direbbe no ad altre commemorazioni ufficiali e formali e invece sì a uno strumento vivo di cultura...
"Per me i poeti morti sono patrimonio dell’umanità solo se sappiamo mantenerli vivi, così come patrimonio dell’umanità sono anche tutti i poeti che sono vivi oggi e adesso".
Lei come se lo immaginerebbe un Colle dell’Infinito leopardiano configurato secondo la sua sensibilità?
"Mi piacerebbe che fosse un Colle dell’Infinito non solamente del passato ma anche del presente, della poesia vivente e non solo di quella morente, qualcosa che abbia un collegamento vivo e concreto anche con la poesia e coi poeti di oggi".
Ammesso che diventare patrimonio dell’umanità sotto l’egida dell’Unesco voglia dire anche avere finanziamenti per salvare il Colle, lei che interventi si augurerebbe?
"Non saprei... Intanto penso che quel luogo andrebbe salvaguardato nel miglior modo possibile...".
Faccia un piccolo sforzo, si cali ancora un po’ di più dentro la sua “passione” leopardiana e ci tracci una specie di piccolo progetto.
"Posso solo dire che me lo immagino simbolicamente come un piccolo cerchio poetico".
Che in pratica cosa vorrebbe dire?
"Vorrebbe dire che chiamerei un grande architetto che fosse capace di trasformarlo in un luogo di lettura viva della poesia di ieri e di oggi".
Insomma lei pensa ad un luogo privilegiato di comunità e di comunione poetica e non invece ad un altro inutile monumento solamente celebrativo.
"Sì, proprio questo, mi auguro che il Colle dell’Infinito possa diventare una specie di ideale piccolo emiciclo che sia un posto dedicato all’ascolto e alla lettura della poesia leopardiana e di tanti altri poeti".