MACERATA - Il professore di pittura del terzo anno dell’Accademia entrò in classe con un fascio di giornali. Erano di varie testate e li aveva raccolti nel corso dell’ultimo anno. Vi aveva cerchiato con l’evidenziatore tutti gli articoli che parlavano della guerra in Ucraina. Chiamò alla cattedra i suoi alunni e li distribuì dicendo: “Guardateli, leggete, confrontateli. Il prossimo
progetto di pittura sarà intitolato: «Dipingi la pace». Lavorateci su durante la prossima settimana e poi valuteremo insieme i risultati”.
Gli studenti non si stupirono più di tanto. Sapevano bene che il loro docente insegnava per campare, ma in realtà era soprattutto un artista e come tale amava provocare, stupire, mettere in moto la loro fantasia.
Chiedergli consigli per come iniziare era inutile, serviva solo a farlo sbuffare che la sua classe era piena di imbianchini e decoratori, ma di pittori neppure l’ombra. Poi quando gli presentavano i loro goffi tentativi di far un vero dipinto si risvegliava in lui la passione di trasmettere “almeno il mestiere di parlare con il pennello” come amava dire ed i suoi consigli erano sempre preziosi. Come docente non era certo in linea con i programmi ministeriali, ma il risultato era che chi voleva davvero imparare trovava un vero maestro.
Ci provarono tutti a fare qualcosa di presentabile. Alcuni, appassionati di grafica, si misero a rielaborare immagini scontate: colombe della pace, arcobaleni dipinti sulla carta geografica dell’Est europeo, fiori che spuntavano dalla canna di un mitra… Il prof diede consigli sulle forme e sui colori, ma non si appassionò di certo a queste opere ancora molto immature. Altri più intraprendenti presero in mano la materia dei giornali.
Ne vennero fuori alcuni colleges più interessanti, in cui pennellate di colore davano un contrasto di luce e speranza su parole stampate che raccontavano la guerra ed i suoi orrori. Uno più geniale, ritagliò vari titoli che trasudavano odio e violenza. Li incollò su una base dorata e con colpi di taglierino li incise con decisa maestria. Il risultato fu che quel quadro colpiva lo spettatore: luci dorate sembravano filtrare attraverso quelle parole di odio e facevano pensare che ci fosse una forza di bene in azione che le stava sgretolando.
L’ultima tela lasciò di stucco il professore e tutta la classe. Una studentessa, che molti prendevano in giro perché spesso era paurosamente distratta, o forse assorta in un pensiero che la portava altrove, mostrò il dipinto più strano. Su un selciato anonimo era stato lasciato cadere un biglietto di treno, evidentemente usato, che un viaggiatore anonimo aveva tenuto in mano, ed abbondantemente spiegazzato, durante un viaggio andata e ritorno. Un angolo sembrava macchiato da uno strano inchiostro rosso, che forse ere sangue. Il biglietto stampato in caratteri cirillici raccontava di un viaggio recente, ne facevano fede le date dell’andata e del ritorno, stampigliate soli pochi giorni prima. La destinazione: Kiev – Mosca – Kiev.
Il professore e gli altri alunni finalmente capirono. La pace non cade dal cielo, la pace è sempre la fine di un viaggio faticoso, sempre rischioso e molto tormentato, che qualcuno accetta di fare tra due nemici perché comincino di nuovo a parlarsi.
Ed il professore disse solennemente: “finalmente tra tanti imbianchini è comparsa un’artista!”.