MACERATA - In questo lembo di terra marchigiana, come ogni anno, si sono dati appuntamento i tanti volti dell’uomo di oggi, con le sue esigenze particolari, le sue domande universali. L’uomo concreto che ha scritto in un foglietto, all’ultimo momento, la sua richiesta di salute per sé e di bene per i suoi figli e l’ha affidata a chi si è messo in cammino dal Centro fieristico alla volta di Loreto. La madre di famiglia, preoccupata per i venti di guerra dall’Est Europa e dal Medio Oriente, dove invece di mostrare buon senso si continuano a mostrare grinta e muscoli. In questo Centro fieristico si è dato convegno il mondo, fatto di uomini con le loro attese e di tragici eventi che sembrano spegnere ogni barlume di speranza. Per il 46° Pellegrinaggio sono arrivati anche dalla Romania, dalla Svizzera, dal Portogallo, dalla Francia oltre che da tutte le regioni d’Italia, sono comparsi per primi i cartelli di Fermignano, Cervia, Vasto. In attesa della Messa, chi ha guadagnato con anticipo le prime posizioni ha aperto seggiolini e steso tappetini, stuoie ed asciugamani per aver ragione dell’asfalto ruvido (altra cosa dall’erba dell’Helvia Recina). Famiglie intere, persone in carrozzina e con il respiratore sul volto, sportivi super attrezzati ed allenati, gente del popolo con scarpe comuni, tantissimi ragazzi; anche una dozzina di giovani finanzieri (quest’anno ricorre il 250° della fondazione del Corpo). Preti in cotta e stola che hanno confessato in continuazione. Molte le autorità: il presidente della Regione Francesco Acquaroli, il sindaco di Macerata Sandro Parcaroli, il prefetto Isabella Fusiello, il questore Giampaolo Patruno, i vertici militari della provincia: Fernando Falco della Guardia di finanza, Nicola Candido dei Carabinieri, Mirko Mattiacci dei Vigili del fuoco, la sottosegretaria Lucia Albano.
Il Papa, stavolta, non ha telefonato. Ma ha mandato un bel messaggio, che don Giancarlo ha letto con voce affaticata (è arrivato vicino agli 84 anni e diceva, qualche minuto prima di salire sul palco, di essere stanco e con qualche acciacco in più). Il Papa ha messo a buon filo tutti i presenti, invitandoli ad una cosa semplice e straordinaria: l’incontro cuore a cuore con Cristo, nella preghiera, così da testimoniarlo a tutti gli uomini. Non l’immediata soluzione di questo o quel problema internazionale o personale, ma l’incontro cuore a cuore con Cristo che cambia il mondo. Poco prima il cardinal Pizzaballa, in un video inviato da Gerusalemme («è bene che non mi muova di qui»), aveva detto che oggi abbiamo bisogno, in Medio Oriente come altrove, di tanti Giona cambiati da Dio e chiamati a convertire questa globale Ninive che è diventato il mondo. «Non mi faccio illusioni – ha affermato il cardinale – Bisogna essere realisti. Tutte queste ferite avranno bisogno di molto tempo per essere guarite. La riconciliazione avrà tempi lunghi ma ha bisogno di qualcuno che la proponga, che si chieda, come fate questa notte, “Come è possibile tutto questo?” ma che aggiunga “Sia fatta la tua volontà”, secondo la tua parola». Ermanno Calzolaio, presidente del Comitato del Pellegrinaggio, aveva anche lui parlato di questi uomini nuovi, richiamando il messaggio inviato da Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. «Viviamo in un tempo in cui a prevalere, apparentemente senza alcuna resistenza, sono l’opposizione e lo scontro – ha scritto Prosperi – Il vostro “sì” al gesto del pellegrinaggio è una scelta di libertà totale con la quale ognuno di voi afferma prima di ogni impegno o responsabilità l’umiltà della preghiera. “Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà”. Il vostro “sì” è l’affermazione di un giudizio nuovo e di una speranza possibile». Monsignor Fisichella, inviato del Papa e responsabile del Giubileo dell’anno prossimo, ha presieduto la Messa dopo il saluto del vescovo di Macerata Nazzareno Marconi, suo studente negli anni di formazione. Marconi aveva detto che la fede e la speranza camminano a braccetto con la domanda e monsignor Fisichella ha spiegato che la vera domanda, la domanda di fondo è quella che Dio, nella Genesi, rivolge ad Adamo e per suo tramite ad ognuno di noi: «Adamo, dove sei?». Il Vangelo di ieri sera raccontava di Gesù che era entrato in una casa. «Nel Vangelo di Marco – ha commentato monsignor Fisichella – la casa ha un ruolo importante perché è il luogo della familiarità, della sicurezza. È però anche il luogo dove si trasmette la fede. E infatti l’apostolo ci ricorda che “ho creduto e per questo ho parlato” e noi siamo qui perché, con il nostro linguaggio, il nostro cammino, il nostro essere capaci di stare insieme per raggiungere la meta, stiamo dicendo che, non solo abbiamo raccolto la chiamata rispondendo al Signore che ci cerca, perché possiamo essere familiari suoi nella sua casa, ma siamo anche coloro che hanno la responsabilità di trasmettere di generazione in generazione quello che è il nostro incontro con Lui». Questo incontro è ciò che Luca di Como cerca di portare in giro per il mondo con l’associazione “Frontiere di pace” che in due anni e mezzo di attività ha all’attivo 27 missioni umanitarie. Fin dallo scoppio della guerra, Luca fa la spola con l’Ucraina, soprattutto nel Donbas, consegnando cibo, medicinali, giocattoli, libri. «Dopo il primo viaggio – ha detto – l’Ucraina, per me, ha cessato di essere un’astratta espressione geografica, ma è diventato il volto di Raissa, 67 anni, a cui hanno ucciso il genero quarantenne davanti agli occhi o quello di Mascia, sette anni, ucciso da un bombardamento in un centro commerciale. Persone concrete, aiutando le quali si capisce meglio il senso della vita e delle quali si diventa amici. Così, quando te ne ritorni a casa e li lasci lì, sotto le bombe, hai una stretta al cuore». Dall’Ucraina, Luca e suoi amici hanno portato casse di armi vuote. Le trasformeranno in fioriere da vendere per una raccolta fondi.
Finita la Santa Messa, i pellegrini si sono messi in cammino avendo come viatico le parole che don Giussani, nel 1993, aveva pronunciato proprio qui, al Centro Fiere di Villa Potenza, quando quel 19 giugno il Pellegrinaggio ebbe la sua apoteosi, con la venuta di san Giovanni Paolo II. Giussani quel giorno parlò della fede di Maria, appena dopo che l’Angelo l’aveva lasciata. «Pensate in quale solitudine si è trovata quella ragazza nelle condizioni nuove in cui il Signore l’aveva posta – aveva detto Giussani – con tutti gli altri ignari e con niente a cui appoggiarsi, a cui appoggiare una evidenza comunemente umana. La fede è proprio quella forza piena di affezione con cui l’anima aderisce al segno di cui Dio si è servito e sta a questo segno con fedeltà; nonostante tutto aderisce. Si trovasse da solo in mezzo a tutto un mare di opposizione e di gente distratta, di mentalità diversa. “E l’angelo partì da lei”. Anche nella mia vita, nella nostra, ci siamo trovati – ci troveremo – come se non potessimo appoggiarci a niente: come se le mani non trovassero appiglio e il cuore dovesse rimanere fedele».