Nota del CNSL
Il Centro Nazionale Studi Leopardiani ha ricevuto in eredità un lussuoso attico a Pisa, posto al centro storico della città che ospitò per alcuni anni Giacomo Leopardi. A Pisa, infatti, il poeta recanatese tra il 1827 e il 1828, particolarmente ispirato, compose i versi fra i più famosi quelli di "A Silvia" e il “Risorgimento” ritrovando la sua vena poetica che si era momentaneamente sopita.
“E’ una ulteriore conferma e riconoscimento del lavoro di questi ultimi anni del Centro Nazionale di Studi leopardiani – dice il Presidente Corvatta- grazie anche alla testimonianza ed interessamento della professoressa Fiorenza Ceragioli, membro del Comitato Scientifico del CNSL, che ha conosciuto personalmente la nobildonna pisana Giuseppina Antoni, artefice del lascito, innamorata e tanto appassionata del poeta che ogni anno in quella via, sotto la lapide che ricorda la permanenza di Giacomo in quella casa, nel giorno dell'anniversario della nascita, deponeva un mazzo di fiori, declamando le poesie più amate del recanatese. L'amore per la poesia, per Giacomo e soprattutto per chi studia e promuoverà la sua opera, ha portato la nobildonna toscana a dichiarare erede di questo immobile, a pochi passi dalla casa di via della Faggiola dove abitò il poeta, il Centro Nazionale Studi Leopardiani di Recanati”.
Forse, dopo “L’infinito”, i versi leopardiani, scritti a Pisa tra il 19 e il 20 aprile 1828, sono fra i più celebri della poesia italiana moderna. Giacomo abitò lì vicino, in quell’ appartamento a pigione di Via della Faggiuola, a pochi metri dalla chiesa di Santa Maria della Spina in quel lung’ Arno dove il poeta era solito passeggiare e che aveva ribattezzato in Via della Rimembranza perché gli ricordava tanto la sua Recanati. Prima di assaporare e apprezzare l’ambiente pisano erano stati quattro anni di digiuno poetico, dunque Pisa rappresenta un grande ritorno alla grande poesia.
Dell’appartamento pisano Leopardi era molto soddisfatto e ne descrisse ogni dettaglio anche alla sorella Paolina, compreso il vitto della pensione e soprattutto era contento perchè gli costava poco a confronto delle pigioni pagate a Firenze. Rientrando suonava il campanello con un suo tocco speciale, che lo annunciava alla famiglia e in particolare alla sorella della padrona di casa, con la quale aveva fatto amicizia: la giovane si chiamava Teresa Lucignani, e incantava Giacomo con la sua freschezza.
Nello Zibaldone, nel giugno del 1828, scrive che “una giovane dai sedici ai diciotto anni”, la quale ha nel viso, nei gesti, nella figura un “non so che di divino”. La bella e giovane pisana gli riportava alla memoria l’altro amore verso un’altra ragazza che portava lo stesso nome, morta a Recanati nel pieno della giovinezza, la Teresa Fattorini del A Silvia appunto. Un tragico destino colpì anche la sorella Paolina che morì proprio a Pisa visitando, con il suo primo viaggio fuori Recanati, quei luoghi meravigliosamente descritti dal fratello Giacomo.