Nota del Presidente del Consiglio Comunale di Recanati Massimiliano Grufi
Il Giorno del Ricordo ha come riferimento il 10 Febbraio 1947 quando con il trattato di Parigi, Fiume, l’Istria e la Dalmazia vennero assegnati alla Jugoslavia in seguito all’occupazione nel corso della 2a Guerra Mondiale dell’armata di Tito.
Quel trattato tuttavia è macchiato dal sangue di almeno diecimila persone che,negli anni tra il 1943 e 1945 furono uccise e in gran parte torturate e gettate dentro le voragini naturali che possono raggiungere i 200 metri di profondità, disseminate sull’altopiano del Carso,tra Trieste e la penisola istriana : “le foibe”.
Le colpe di queste persone erano soltanto quella di avere un “diverso” pensiero. I giorni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, per quella popolazione furono dunque di terrore,morte e fuga. Oltre alle vittime, infatti, il pensiero deve correre alla tragedia complessiva di quella fase storica che nello sradicamento di massa, un esodo di oltre 250 mila persone costrette a lasciare la loro terra,trova l’elemento di maggiore atrocità, sempre vivo nel ricordo di quelle famiglie e del paese intero. Tali persone,i n cerca di una nuova Patria, trovarono “pace” in Italia, America, Australia e Nuova Zelanda.
La legge n. 92 del 30 Marzo 2004 costituisce quindi un punto di riferimento per non dimenticare e soprattutto per ricostruire con obiettività la storia più recente dell’Europa e dell’Italia.
Questa data come quella del 27 Gennaio, istituita dallo Stato per ricordare la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau e più in generale la tragedia dello sterminio nazista, ci fa riflettere sulle nefandezze che hanno visto l’uomo colpire il suo simile in virtù di logiche che non giustificano le epurazioni, le deportazioni, i processi sommari e quanto di più atroce venne commesso nelle rispettive tragedie del secolo breve. In particolare, nella tragedia istriano-dalmata le aberrazioni si abbatterono non solo su chi aveva indossato la divisa fascista o nazista –comunque un crimine di guerra-, ma anche su quanti si opponevano all’annessione di Trieste e di buona parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia.
Le pur gravi responsabilità del fascismo del Ventennio precedente, innegabili e direttamente legate al pensiero ed all’azione nazista, non giustificavano infatti in alcun modo i massacri messi in atto dall’esercito del maresciallo Tito, moltissimi dei quali a guerra finita. Dalla violenza non può che derivare altrettanta violenza. Il messaggio dunque è rivolto ancora una volta ai giovani, futuri amministratori e politici: è necessario perseguire l’obiettivo di costruire una società fondata sui valori della pace, solidarietà ed uguaglianza tra tutti i cittadini, principi alla base della nostra Carta Costituzionale, se non vogliamo rivedere quelle atrocità che solo in astratto sono state cancellate.