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Nel 2005 ad Angelo Carestia, 58 anni, sposato e padre di tre figli, venne diagnosticato un aneurisma all’aorta sottorenale, per un colpo allo stomaco subito dal volante mentre guidava. Nel 2008 l’autostrasportatore venne sottoposto ad un intervento chirurgico in ospedale. A febbraio 2009 la situazione si aggravò. Morì poco dopo. La famiglia ritiene che l'autotrasportatore recanatese sia stato vittima di un caso di malasanità e ha presentato un esposto alla magistratura di Macerata, con una richiesta di risarcimento danni per due milioni di euro.
Sembrava che l’operazione fosse riuscita, ma il 28 febbraio del 2009 il paziente cominciò ad accusare pressione alta, dolori addominali, cefalea e venne trasportato nel pronto soccorso dell’ospedale di Recanati.
Il medico di turno consigliò subito il trasferimento nell’ospedale di Civitanova per una Tac all’addome e al torace.
La doppia Tac stabilì inizialmente che non c’era alcuna rottura dell’aneurisma. Riportato da uno dei figli nel nosocomio recanatese, Carestia, che aveva ancora la pressione molto alta e dolori ipogastrici, venne dimesso alle 2 del mattino, con il consiglio di farsi fare un’iniezione se i dolori non fossero cessati (iniezione praticata il giorno seguente).
La mattina del 2 marzo la moglie di Carestia esce per andare al lavoro, e quando rientra, all’ora di pranzo, trova il marito cadavere, ancora disteso a letto. Il 3 marzo il medico legale Antonio Tombolini accerta che il decesso e’ stato provocato da un’insufficienza cardiocircolatoria acuta, dovuta a una deiscenza tra protesi e arteria iliaca destra in un soggetto affetto da pressione alta e quindi a rischio. E riscontra un abbondante versamento interno di sangue nell’emiperitoneo.
La famiglia, difesa dagli avvocati Alfonso Valori e Mirta Lattanzi, fa eseguire nel settembre scorso una nuova perizia di parte, affidata al prof. Piergiorgio Fedeli, che solleva varie contestazioni. Ad avviso del perito, il paziente avrebbe dovuto essere monitorato in continuazione per controllare il valore pressorio; la terapia farmacologica non era adeguata al caso (era stato somministrato un vasodilatatore, come se si fosse trattato di infarto, aggravando la situazione); la prima repertazione della Tac non era stata diligentemente riportata, salvo essere corretta il giorno in cui Carestia morì.