Concluso l'appello per il triplice omicidio commesso dagli Schiavi nel marzo del '96, in quella che il tribunale di Macerata ha definito una guerra fra clan scaturita per il controllo del territorio. Morirono Nazzareno Carducci, la moglie Giovanna Ascione, incinta di otto mesi, e il padre di lei Giovanni.201787-schi

Confermati gli ergastoli ma prescritte le accuse di associazione per delinquere e incendio. E’ il verdetto emesso ieri dalla Corte d’assise di appello di Ancona nel processo per la strage di Sambucheto a carico di Gianfranco Schiavi, (nella foto) 64 anni, detto ‘il mastino’ e ritenuto il mandante, del figlio Marco, 34 anni, e di Salvatore Giovinazzo, 37, considerati gli esecutori materiali della strage. Ridotta da 9 a 8 anni di carcere (e 2mila euro di multa) la condanna dell’altro figlio di Schiavi, Massimiliano, 39 anni, accusato di aver fatto sparire le armi utilizzate per l’agguato.

Il triplice omicidio fu commesso il 6 marzo 1996: furono uccisi a Sambucheto Nazzareno Carducci, la moglie Giovanna Ascione, incinta di otto mesi, e il padre di lei Giovanni. La strage, aveva sancito il tribunale di Macerata, era stata il frutto di una guerra fra clan scaturita per il controllo del territorio. La famiglia Carducci venne sterminata da Giovinazzo a colpi di mitraglietta all’interno del casolare sul rettilineo di Fontenoce; poi Marco Schiavi finì le vittime con un colpo alla nuca. Massimiliano Schiavi invece nascose le armi all’interno della stazione carabinieri di Porto Recanati con la complicità del locale comandante di stazione, maresciallo Monticane, poi arrestato, nel frattempo deceduto.

In primo grado, nel febbraio 2007, la Corte d’assise di Macerata aveva inflitto l’ergastolo a Gianfranco Schiavi, al figlio Marco e a Salvatore Giovinazzo. Invece era stato condannato a nove anni di carcere l’altro figlio di Schiavi, Massimiliano. L’8 aprile scorso il giudice relatore, Gianfranco Spingardi, davanti alla Corte presieduta da Vincenzo De Robertis, aveva elencato tutti i motivi d’appello proposti dalle difese. In particolare, il difensore di Gianfranco Schiavi, l’avvocato Marco Manfredi, aveva sostenuto la nullità delle intercettazioni telefoniche e soprattutto l’estraneità del suo assistito per cui, secondo la difesa, non vi sarebbe stata alcuna prova di coinvolgimento nel fatto.

Ora, in parziale riforma della sentenza di primo grado, la Corte ha ridotto a 5 mesi l’isolamento diurno in carcere per Gianfranco Schiavi, difeso dall’avvocato Marco Manfredi, e a un mese quello per il figlio Marco e per Giovinazzo. Alla fine del processo Gianfranco Schiavi ha riaffermato la sua estraneità ai fatti e che si batterà per sostenere la sua innocenza.