nota della CGIL

MACERATA -  Il comparto manifatturiero della moda e la relativa filiera hanno accusato un forte rallentamento dei volumi produttivi a partire dall’estate del 2023 rispetto al picco
raggiunto tra la fine del 2021 e il 2022. Tale riduzione dei volumi ha comportato un’esplosione del ricorso agli ammortizzatori sociali dalla seconda parte del 2023 a oggi, sia da parte dei produttori finali sia da parte della filiera a essi connessa.

Diversamente dalle precedenti crisi affrontate dalla manifattura moda in provincia di Macerata negli ultimi 30 anni stavolta la crisi produttiva ha colpito trasversalmente tutti i segmenti di mercato: dal prodotto di largo consumo, al prodotto di qualità, al prodotto griffato.

Come FILCTEM CGIL di Macerata abbiamo sostenuto, dall’estate del 2023 a oggi, in ogni singolo tavolo aziendale di confronto, che non è per noi accettabile pensare di affrontare la crisi produttiva attraverso la riduzione degli organici: chiediamo e rivendichiamo in alternativa il ricorso a tutti gli ammortizzatori sociali disponibili.

Tale ns. richiesta è accompagnata due ulteriori considerazioni. La prima: evitare i licenziamenti in questo periodo dovrebbe essere interesse comune e principale di tutte le parti sociali interessate alla buona salute del distretto perché chi venisse licenziato oggi, diversamente dal passato, avrebbe meno possibilità di reimpiegarsi nel medesimo settore visto che la crisi produttiva è trasversale a tutte le fasce di mercato per cui è attiva la manifattura moda nel ns. territorio.

Un disoccupato dalla filiera della moda che non trovasse impiego nel settore di provenienza dovrebbe riqualificarsi verso altre professionalità, aggravando, al momento della ripresa, quanto accusato dalle aziende tra la fine del 2021 e il 2022 quando, di fronte alla necessità di incrementare gli organici, lamentavano la mancanza di professionalità disponibili nel mercato del lavoro. Sarebbe interessante capire quanto le aziende manifatturiere abbiano dato rilievo al tema della formazione e della qualificazione professionale negli ultimi 30 anni e se, laddove abbiano deciso di mettere tali temi in secondo piano, siano state condizionate dal fatto che in caso di necessità il personale qualificato fosse in effetti disponibile sul “mercato”: chi proseguiva nell’attività di impresa poteva assumere personale uscito dalle aziende che mano a mano in 30 anni hanno cessato.

La seconda: siamo fermamente convinti che il ricorso agli ammortizzatori sociali non sia sufficiente né per le aziende né per i lavoratori. Per i lavoratori è un sacrificio stare in cassa integrazione, non è un regalo: è inaccettabile e offensivo per chi lavora sentire “di cosa ti lamenti, ti pagano per stare a casa”.

Chi ha un contratto di lavoro dipendente sarebbe ben contento di guadagnarsi la pagnotta potendo normalmente prestare le sue ore di lavoro previste dal proprio contratto di lavoro. Se è vero che questa crisi sta mettendo in difficoltà economico-finanziaria molte realtà, è altrettanto vero che la manifattura della moda, negli ultimi 30 anni, ha anche prodotto utili importanti per le imprese e gli imprenditori del territorio: lo sforzo per navigare questa crisi deve essere condiviso: siamo disposti a discutere degli ammortizzatori sociali per affrontare i cali produttivi e le crisi che possano delinearsi, ma al tempo stesso chiediamo che vengano reinvestiti gli utili fatti e che ci siano nuovi investimenti, innovando i processi produttivi, le strategie di promozione del prodotto e l’ambiente di lavoro, anche al fine di rendere più attrattivo questo settore per le nuove generazioni.