“Intanto mi rassomigli. È inutile negarlo: sei il mio ritratto sputato. Naso, fronte, e anche i capelli scapigliati. Certo, sui ritratti li ho a posto, ma tieni conto che mi ritraevano una volta ogni sette/otto anni. Il resto del tempo non me li curavo certo come un gagà. Tu al contrario li avresti piatti ma te li arruffi apposta per le foto, perché fai il comico di professione. Cosa credi, da lì dove sono, queste cose le so. E poi ti immagini che ai miei tempi i comici non facessero la stessa cosa? Hanno un bel dire, ma anch’io sono un uomo navigato, e sono andato perfino a vedere Pulcinella. Se no, a Napoli, che ci morivo a fare? Dunque, mi rassomigli.” 

E’ così che comincia l’opera di Perle Abbrugiati, “Giacomo Leopardi Lettera a Roberto Benigni Un’operetta cinematografica” l’ultimo volume edito da Guida per la prestigiosa e singolare collana "autenticifalsid’autore".

Questa collana, che si presenta in agili volumetti di facile lettura, si propone di “falsare” scrittori di filosofia, di storia, di letteratura, specialmente, ma non necessariamente, di epoca antica o moderna. Le opere presentate sono dunque, dichiaratamente “false . nel senso che sono opere mai scritte dagli autori, ma che potrebbero esser state scritte (o sarebbero da loro scritte, forse, oggi). In effetti, come è noto, la tradizione dei “falsi” è una tradizione antica, nata contemporaneamente alla scrittura (basti pensare non solo alle opere attribuite ai grandi scrittori di filosofia come Platone, ma anche alle opere attribuite ad autori “antichi” da altri antichi posteriori, come quelle scritte in nome di Omero, o in nome di Pitagora). Il fine dei volumi della Collana è quello di invitare il lettore a divertirsi/riflettendo su tematiche filosofiche, etiche, politiche, scientifiche, letterarie, storiche, del passato come del presente, ma attraverso “occhiali di lettura” mutuati dai grandi autori della tradizione occidentale. Sono quindi volumi di scrittura agile e spigliata che, riprendendo stile e linguaggio di autori classici, vogliono costituire un’occasione insieme di divertimento e di riflessione su quei temi che da sempre hanno costituito l’orizzonte della nostra riflessione: l’uomo e le sue passioni, i rapporti che lo legano agli altri ed alla “città” in cui vive, il suo sforzo di costruirsi conoscenze nei vari campi del sapere, le sue vittorie e le sue sconfitte, la sua nobiltà e la sua miseria.

Analizziamo il caso specifico del volumetto della Abbrugiati . L’autore falsificato Giacomo Leopardi è il più grande poeta dell’Ottocento; peccato che fosse anche il più grande filosofo pessimista di tutti i tempi, dicono. Il falso d’autore Giacomo Leopardi, che di noia si intendeva, forse s’annoia lì dov’è. Ciò spiegherebbe che egli scriva epistole, mandandole attraverso canali improbabili. Quella ritrovata da Perle Abbrugiati si rivolge, nientemeno, a Roberto Benigni, che Leopardi considera qui come il suo doppio. Si tratta di convincere l’attore-regista a girare un film filosofico. Possibilmente con la più strepitosa derisione che il comico toscano sia in grado di sfoggiare. Ed ecco un’operetta che a Cinecittà potrebbe diventare una superproduzione. Ma chi l’avrebbe detto che il recanatese avesse una cultura cinematografica così estesa? e nel pensier si fingesse sceneggiature hollywoodiane?. Il falsificante Perle Abbrugiati è professoressa ordinaria di letteratura italiana in un’università del Sud della Francia. Studia Leopardi, in particolare i Canti, e scrive canzoni, con particolare disincanto. Incrocia volentieri la malinconia con l’ironia, nelle sue ricerche come nei brindisi con gli amici. Del falso d’autore sarà perdonata, quando si saprà che coordina un gruppo di ricerca sulla Riscrittura (un po’ di pratica non nuoce). Tra l’altro, anche Leopardi scriveva frammenti apocrifi, e dunque…