Di Antonio Baleani
Nel continuare le mie ricerche storiche su Recanati e su alcuni personaggi legati alla fotografia, spesso ho avuto la sorpresa di imbattermi in accadimenti diversi e interessanti che ho in un primo momento tralasciato per poi approfondire in seguito. È di questi giorni la notizia della grande mostra su Lorenzo Lotto (nella foto il San Vincenzo Ferreri a San Domenico) che si terrà alle Scuderie del Quirinale di cui faranno parte anche le cinque opere del maestro custodite nella nostra città. Consultando gli archivi mi sono imbattuto in alcuni documenti relativi a questo grande maestro che mi hanno lasciato stupefatto e sorpreso, per quanto a quei tempi tali pratiche fossero abbastanza diffuse.
Nella prima metà del ‘500, dopo aver lasciato la sua Venezia dove inizialmente fu molto apprezzato per essere poi subito dopo dimenticato, Lotto decise di trovarsi altri committenti e venne nelle Marche che si possono considerare la sua seconda patria, visto che vi creò opere di inestimabile valore. Come tutti i “grandi” anch’egli dovette superare molte difficoltà spesso dovute all’incapacità di adattarsi al compromesso in campo artistico e spirituale.
Ecco la storia sinteticamente riportata:
“Quel povero Lotto chiamato in Ancona nel 1549 dai Todini Bonarelli lo pagò da tirchio”-“Il vice Governatore di Ancona un toscano di nome Taurino, una volta lo compensò con poco o niente e la volta successiva non lo pagò affatto. Niente gli diede il governatore Vincenzo de Nobili. Un veneziano Rocco, arrotatore di brillanti gli mandò indietro, in Ancona, un dipinto che pur gli aveva ordinato. Ci fu chi lo pagò molto al di sotto di quanto doveva e nemmeno a denari, ma a fichi secchi e zibibbo.” Inoltre il cavaliere aureato Eusebio Bonarelli lo pagò “con pochi scudi e con pelo di cerva per cuscini”. Spesso il Lotto si era trovato a lavorare senza commissione, “offrendo timidamente, rimettendosi all’altrui bontà.” Gli capitò anche di peggio, seppur ben pagato: “la sua “Assunzione” gli fu rovinata dal giovine pittore Antonio Jacomini nel Settecento e un secolo dopo dal conte e pittore Orsi”.
E dire che oggi i suoi dipinti sono una ricchezza e una gloria e che insieme a Leopardi rappresentano per la nostra città uno dei punti di forza per lo sviluppo culturale e turistico.