Si tratta della FATAR, industria che produce strumenti musicali, e che da alcuni anni ha delocalizzato la produzione nel paese nordafricano, mantenendo a Recanati una quota minima di personale dopo anni di cassa integrazione e messa in mobilità dei dipendenti.
A Tunisi, dove sono impegnate circa una cinquantina di persone del posto, supportate da alcuni dipendenti recanatesi della ditta, la produzione è in pratica ferma da giorni e non si ipotizza a breve una ripresa.
Tra l’altro durante i disordini, c’è stato anche un incendio che ha interessato gli uffici ma non la parte dedicata alla produzione vera e propria. E in dogana è bloccato un carico che per prudenza non viene movimentato verso la fabbrica che si trova alla periferia di Tunisi mentre il personale recanatese alloggia in centro e resta in attesa che la situazione si normalizzi evitando di muoversi se non per lo strettamente necessario.
In una nota della Farnesina si confermano i danni subiti da aziende italiane, tra cui la Fatar.
La formazione di un governo di unità nazionale dovrebbe riportare la calma nel paese ma sembra che già alcune imprese stiano valutando di chiudere la produzione e trasferire gli impianti non appena possibile.
L’evoluzione della situazione viene seguita attentamente dalla Fatar in prospettiva di decisioni che dovranno essere prese in breve.