nota del Cicolo ACLI "Don Milani"
RECANATI - All’incontro promosso dal Circolo ACLI “Don Milani”, sono stati presentati alcuni suggerimenti per il futuro di Recanati tratti dalla Storia della città negli ultimi 100 anni
La prima indicazione: Se si guarda alla Storia, si scopre che anche il Comune può fare parecchio per il lavoro. Lo confermano alcuni esempi: dagli accordi fatti nel primo Novecento con il comasco Clerici per la nuova fabbrica dei pettini alla concessione dei locali comunali per lo sviluppo delle imprese locali (da Maggini nel monastero di Castelnuovo alla filanda Piccinini nel convento di San Francesco), dall’avvio della Eko nel convento di San Francesco alla creazione della zona industriale “Squartabue”, frutto della Comunità delle Tre valli.
Seconda riflessione. Negli ultimi anni a livello locale si è puntato molto sul turismo, ottenendo importanti risultati. Puntare sul turismo significa tutelare il paesaggio. Il territorio recanatese mantiene ancora molti dei tratti armoniosi del passato; va salvaguardato e trattato con estrema cura, per valorizzarlo. Ma il turismo culturale richiede qualità e per avere qualità bisogna favorire la formazione degli operatori turistici: il Comune può farlo concordando iniziative promosse insieme con le Scuole del settore e con le associazioni degli operatori turistici.
Non solo turismo. Il terremoto del 2016, la pandemia del Covid 19 e il cambiamento climatico ci hanno fatto capire come sia rischioso affidarsi unicamente al turismo. Il Covid ci ha fatto comprendere l’importanza del servizio sanitario pubblico e della medicina territoriale: lavoriamo per rafforzare i servizi sanitari del territorio. A sua volta, l’innegabile cambiamento climatico ci suggerisce di prendere sul serio i temi ambientali: dalla riduzione dei rifiuti alla tutela dell’acqua, dall’attenzione al dissesto idrogeologico alla necessità di piantare alberi, fino a una attenta e costante manutenzione del territorio.
Più motori trainanti. Gli esperti che hanno lavorato alla Ricerca “Marche +20” hanno insistito sulla necessità di avere più “motori trainanti”. Non solo il turismo, quindi, ma anche l’agricoltura e i servizi del terziario avanzato. Recanati deve valorizzare le produzioni agricole locali, che nel biologico e in comparti come l’olio e il vino hanno raggiunto una elevata qualità riconosciuta dal mercato, ma non deve rinunciare al ruolo svolto nell’ultimo cinquantennio nell’industria. Nel settore industriale occorre creare condizioni favorevoli all’investimento, ma senza aumentare il consumo di suolo, come invece si è fatto nella Zona industriale di Squartabue.
L’innovazione. Nelle Marche la diffusione dell’innovazione sta incontrando evidenti difficoltà e resta ancora bassa la propensione ad assumere lavoratori con alte competenze. Fra gli imprenditori, i più attenti all’innovazione chiedono che si investa di più in nuove Scuole tecniche e in particolare nella creazione di Istituti Tecnici Superiori. A Recanati è stata promossa l’istituzione presso l’Istituto tecnico “Mattei” di un Corso Tecnico Superiore per il marketing e l’internazionalizzazione delle imprese. Quel Corso va sostenuto e va reso un Corso di qualità.
L’effetto città. La Storia del Novecento dimostra che per lo sviluppo è fondamentale il ruolo della città. In una realtà senza grandi centri urbani come le Marche, manca l’effetto-città. Solo mettendo in rete le medie città della regione sarà possibile dar vita a sistemi urbani dotati delle necessarie infrastrutture e di servizi innovativi.
Oltre a collocare Recanati in questa rete di città, è necessario operare per realizzare una seconda rete: un “sistema” che favorisca la collaborazione tra imprese grandi e piccole, università, centri di ricerca, istituzioni pubbliche, associazioni di categoria e altri soggetti sociali interessati all’innovazione.
È positivo che Recanati abbia firmato il Protocollo di Intesa con i Comuni di Loreto e Porto Recanati, ma sono necessarie reti più ampie e collaborazioni su progetti innovativi. Ottima l’idea di realizzare una Comunità energetica, ma il progetto nasce asfittico se non si coinvolgono i cittadini.
Puntare sulla qualità. Gli storici dell’economia ci dicono che oggi per reggere sul mercato dobbiamo puntare su una produzione manifatturiera di qualità. Per realizzare questo cambiamento, occorre passare dallo sviluppo spontaneo del passato a uno sviluppo che deve essere programmato e gestito conciliando il cambiamento economico con la transizione ecologica avviata dall’Unione Europea, per realizzare uno sviluppo che sia sostenibile a livello non solo economico e ambientale, ma anche sociale.
Governare i processi. La Storia degli ultimi 50 anni ha dimostrato che il governo di processi complessi non può essere lasciato alle sole forze di mercato. Occorre guidare le trasformazioni economiche e sociali, per evitare che le traiettorie spontanee di sviluppo diano luogo a sistemi urbani che, come è stato scritto, invece di essere motori della crescita economica, si configurino come città non solo “senza governo”, ma anche “senza intelligenza e senza strategia”.
Servono politiche pubbliche, a livello nazionale e regionale, ma anche comunale. Come è avvenuto più volte nella nostra Storia, si può incidere sulla vitalità e sullo sviluppo del proprio territorio (nazionale e locale): nelle Marche bisogna garantire le necessarie infrastrutture, sia quelle materiali che quelle immateriali, dai trasporti pubblici all’indispensabile rete digitale.
A Recanati servono anche adeguati incentivi all’insediamento di nuove imprese e all’apertura di laboratori artigianali o di nuove attività commerciali per rispondere alla crisi del Centro storico; ma soprattutto si devono creare le condizioni favorevoli all’investimento in attività economiche innovative.
Guidare lo sviluppo. Insomma, la politica deve guidare lo sviluppo; può farlo con azioni dirette, ma può farlo anche coordinando e stimolando l’insieme dei soggetti impegnati nelle politiche di sviluppo locale.
Importanza del mondo associativo. Se si guarda al passato, è evidente l’importanza del ruolo svolto da un tessuto associativo diffuso non solo per la tenuta della coesione sociale, ma anche per lo sviluppo economico di una città. Senza una società civile vigile e partecipe e senza un tessuto sociale dinamico ogni città è destinata al declino. Gli amministratori comunali devono essere consapevoli che un associazionismo vivace è una grande ricchezza per l’intera comunità.
Serve un’idea di città. Per concretizzare queste indicazioni, servono non solo amministratori competenti e coraggiosi, convinti del valore della partecipazione e della necessità di coinvolgere l’intera comunità locale, ma anche una classe dirigente, politica, culturale e imprenditoriale, a sua volta consapevole dei problemi locali e servono cittadini partecipi e attivi. Ma serve anche una visione del futuro. Serve un’idea di città.
È l’augurio che facciamo alla nostra città.