Di Silvano Scavella, ex segretario cittadino di AN

Il dado è ormai tratto, o meglio lo strappo politico tra Berlusconi e Fini è così profondo che pensare di ricucirlo è puro esercizio di fantasia. Alla base c’era un progetto ambizioso a cui forse ho voluto credere anch’io probabilmente condizionato da una cultura che ruotava intorno alla retorica dell’ ”uomo della Provvidenza” e dall’incantamento plebiscitario. Convinto come i più, che dopo le tante svolte post-ideologiche servisse a questo Paese un atipico “Peron italiano”, mi sono reso conto al contrario, che quello schema ha bloccato il Paese nell’ossessiva caccia al consenso, tipica di tutti i Peron. La ricerca di un dialogo diretto con gli italiani e il fastidio per le contorte procedure di cui si compiacciono ancora le Camere, gli hanno così garantito il consenso dell’ elettorato di AN, allergico alla partitocrazia e forte assertore d’un assetto presidenziale. Il bonapartismo di Berlusconi, incardinato in una esasperata destra economica funzionante a logica aziendale, lo ha portato ad essere eletto per ben tre volte con la costante invocazione del popolo senza però tenerne in considerazione gli umori e le opinioni, molto spesso sintonizzate su una lunghezza d’onda ben diversa dalla sua.  Ora Berlusconi si sente tradito da Fini. E in virtù di questo tradimento, ha cambiato rigorosamente la mission della sua azione politica. Addio alla politica del fare, ma  energie concentrate sulla politica del distruggere. Distruggere Fini, naturalmente. L’ex leader di An è diventato l’ossessione  del premier prendendo il posto, nella sua particolare hit parade di nemici giurati, di categorie del calibro della magistratura e di tutto ciò che ha a che vedere con il comunismo. Il tempo di “chi vota a sinistra è un coglione”, è finito.  E pure i magistrati che cercano di inchiodarlo al banco degli imputati non gli risvegliano il sacro fuoco della battaglia.  Un’ossessione che ha finito per paralizzare praticamente l’intera attività di governo. A dirla proprio tutta però, sono tutte cose che l’espulso (per una parte) o il fuoriuscito (per l’altra) Fini sapeva benissimo anche prima dello sciagurato suicidio politico del marzo 2009. Ora, il cofondatore-affondatore del Pdl,  messo alla porta dalla furia censoria di Berlusconi,  pentendosi amaramente di aver svenduto e liquidato AN, scopre che il Cavaliere è il male assoluto ed  accusandolo di tirannia  (da che pulpito viene la predica !!) , tenta di giocare l’ultima carta rimastagli, quella di formare un suo partito personale, costruendosi l’immagine dell’esiliato in patria, del giusto che osa sfidare la tirannide berlusconiana, del neo post-missino che torna alle origini e ridesta la sindrome dell’assedio. Se si fosse invece proceduto diversamente, ossia fosse continuata un’ alleanza paritaria mantenendo ciascuno la propria identità dentro un polo unitario di maggioranza, il tutto avrebbe giovato sia a Berlusconi in funzione di bilanciamento nei confronti della prepotenza della Lega, sia a Fini in funzione di allargamento della sua base elettorale. Ma proprio per causa di questo stravagante leader dalle “movenze rettilari”, parte della base un tempo schierata con AN è passata ad ingrossare le fila del più accattivante e strutturato partito padano offrendo inoltre al suo leader, la legittima  occasione di blandirci con una singolare “spernacchiata”. E tra amarezze e disillusioni, l’altra parte del popolo che aveva creduto e scommesso sul nuovo corso di AN fino alla confluenza, in realtà poco convinta nel PdL, con molta probabilità rifiuterà di scegliersi un nuovo indirizzo andando inevitabilmente a rinforzare le già cospicue file dell’astensionismo. Un vero capolavoro strategico  Mr. Fini !!  Sul piano politico credo che questa lacerazione sia irrecuperabile e di sicuro, nulla sarà più come prima. Personalmente,  posto di fronte al  bivio della scelta tra  la  devota dedizione ad uno dei due “sfascisti” o l’essere libero e indipendente, preferisco la libertà delle mie idee e delle mie convinzioni di appartenenza alla destra cristiano-sociale senza vizi di presunzioni  egemoniche, di intolleranze, rivalità e soprattutto senza più slogan demenziali, canzoncine ebeti e prevedibili successioni dinastiche. Forse tra qualche anno torneremo tutti insieme appassionatamente, ma quello che c’é stato è finito. E’ finita un’epoca, è cessato un sogno, è finita un’era con i relativi protagonisti.