Sabato secondo appuntamento con le iniziative per la celebrazione del 65° Anniversario della Liberazione con la rappresentazione di “Quattro bombe in tasca” di Ugo Chiti (dramma), nella versione del Centro Teatrale Sangallo di Tolentino (Teatro Persiani, ore 21.15).
La biglietteria (ingresso 5 euro, palchi e platea) è aperta sino a sabato dalle 17 alle 20.
Lo spettacolo. Primavera 1944. Cinque partigiani presidiano, da alcuni giorni, un'importante postazione collinare. L'immobilità forzata li rende facilmente irritabili, ma Tizzo, momentaneamente a capo del piccolo gruppo, è uomo capace di mantenere sotto controllo ogni nervosismo.
Lontano in un campo sassoso, una contadina detta "Soprana" intona un canto. E' il segnale convenuto per avvertire i partigiani. Sulla strada bianca di polvere avanzano le camionette con i tedeschi, la postazione è scoperta e deve essere immediatamente trasferita.
Questo l'avvio di Quattro bombe in tasca, una vicenda corale che si dipana attraverso alcuni momenti emblematici della guerra partigiana: il rastrellamento, la tortura, la rappresaglia, il sacrificio. I quattro episodi sono collegati dalla narrazione che ha la funzione di "staffetta", ed è affidata ai protagonisti, Tizzo, Biondo e Fausto.
Attorno a questi ci sono uomini e donne, caratteri, sentimenti, voce, situazioni e presenze che attingono alla fonte inesauribile del racconto orale, la memoria collettiva che non deve restare nella storia di un secolo come eco celebrativo, ma continuare il processo di trasmissione dolente e riflessivo. In questo caso la scrittura teatrale deriva dal racconto del partigiano Piero Coccheri che si colloca nelle storie dove sopravvivono fantasmi e apparizioni notturne.
L'insolita chiave di lettura ha permesso di accedere all'interno di una memoria drammatica, senza rituali commemorative, per ritrovare il respiro epico e concentrico della ballata popolare.
Le “4 bombe in tasca” sono quelle che aveva il partigiano Fausto quando fu sorpreso dai tedeschi e che fece scoppiare dilaniando se stesso e i suoi guardiani per evitare di finire sotto tortura con chissà quali effetti. Solo che i resti dei due tedeschi furono subito raccolti; quelli di Fausto rimasero più giorni sulla strada finché la moglie Silvana decise di darsi ai tedeschi per consentire ai compaesani di raccogliere ciò che trovavano.
Un episodio tragico come tanti di quella resistenza retoricamente esaltata da una parte, strumentalmente mortificata o addirittura negata dall’altra, ma che pure è esistita, è rimasta aggrappata nella memoria della gente che l’ha vissuta e che è fatta di mille e mille episodi. Alcuni dei quali Ugo Chiti ha raccolto e trasformato da racconto orale a testo teatrale corale, nel quale sul filo della memoria si incrociano fatti come la vita in montagna, il rastrellamento, la tortura, la rappresaglia, il sacrificio; gesti umili di solidarietà, come quello della contadina che al vedere avvicinarsi gente al covo dei partigiani intonava una canzone per avvertimento, lasciandoci lei stessa la vita; o gesti meschini di tradimento, come quello dell’insegnante che vendette la vita di uomini per salvare la scrofa.
La memoria della Resistenza, il suo profondo legame con la vita e l'immaginario di tante persone, la necessità tutt'altro che demagogica di preservarne i valori e il ricordo dei fatti, spinge oggi la nostra compagnia teatrale a realizzare uno spettacolo che a quella memoria, a quell'immaginario diano voce e forma poetica. Non una rievocazione sterile e retorica, non una lettura settaria e solo in chiave politica, ma il racconto di fatti, di gente, di luoghi della Resistenza attraverso il filtro straordinario della memoria popolare che di quei fatti, di quelle persone fa una specie di racconto epico insieme doloroso ed esaltante, malinconico e pieno di salace umorismo, combinando continuamente il tono tragico e crudo a quello farsesco.
Lontano in un campo sassoso, una contadina detta "Soprana" intona un canto. E' il segnale convenuto per avvertire i partigiani. Sulla strada bianca di polvere avanzano le camionette con i tedeschi, la postazione è scoperta e deve essere immediatamente trasferita.
Questo l'avvio di Quattro bombe in tasca, una vicenda corale che si dipana attraverso alcuni momenti emblematici della guerra partigiana: il rastrellamento, la tortura, la rappresaglia, il sacrificio. I quattro episodi sono collegati dalla narrazione che ha la funzione di "staffetta", ed è affidata ai protagonisti, Tizzo, Biondo e Fausto.
Attorno a questi ci sono uomini e donne, caratteri, sentimenti, voce, situazioni e presenze che attingono alla fonte inesauribile del racconto orale, la memoria collettiva che non deve restare nella storia di un secolo come eco celebrativo, ma continuare il processo di trasmissione dolente e riflessivo. In questo caso la scrittura teatrale deriva dal racconto del partigiano Piero Coccheri che si colloca nelle storie dove sopravvivono fantasmi e apparizioni notturne.
L'insolita chiave di lettura ha permesso di accedere all'interno di una memoria drammatica, senza rituali commemorative, per ritrovare il respiro epico e concentrico della ballata popolare.
Le “4 bombe in tasca” sono quelle che aveva il partigiano Fausto quando fu sorpreso dai tedeschi e che fece scoppiare dilaniando se stesso e i suoi guardiani per evitare di finire sotto tortura con chissà quali effetti. Solo che i resti dei due tedeschi furono subito raccolti; quelli di Fausto rimasero più giorni sulla strada finché la moglie Silvana decise di darsi ai tedeschi per consentire ai compaesani di raccogliere ciò che trovavano.
Un episodio tragico come tanti di quella resistenza retoricamente esaltata da una parte, strumentalmente mortificata o addirittura negata dall’altra, ma che pure è esistita, è rimasta aggrappata nella memoria della gente che l’ha vissuta e che è fatta di mille e mille episodi. Alcuni dei quali Ugo Chiti ha raccolto e trasformato da racconto orale a testo teatrale corale, nel quale sul filo della memoria si incrociano fatti come la vita in montagna, il rastrellamento, la tortura, la rappresaglia, il sacrificio; gesti umili di solidarietà, come quello della contadina che al vedere avvicinarsi gente al covo dei partigiani intonava una canzone per avvertimento, lasciandoci lei stessa la vita; o gesti meschini di tradimento, come quello dell’insegnante che vendette la vita di uomini per salvare la scrofa.
La memoria della Resistenza, il suo profondo legame con la vita e l'immaginario di tante persone, la necessità tutt'altro che demagogica di preservarne i valori e il ricordo dei fatti, spinge oggi la nostra compagnia teatrale a realizzare uno spettacolo che a quella memoria, a quell'immaginario diano voce e forma poetica. Non una rievocazione sterile e retorica, non una lettura settaria e solo in chiave politica, ma il racconto di fatti, di gente, di luoghi della Resistenza attraverso il filtro straordinario della memoria popolare che di quei fatti, di quelle persone fa una specie di racconto epico insieme doloroso ed esaltante, malinconico e pieno di salace umorismo, combinando continuamente il tono tragico e crudo a quello farsesco.