San Vito Martire, 15 giugno, il 2° miracolo delle “CIUETTE” (l’anno dei cento Priori). “Correva l’anno dei cento Priori...” Così potremmo iniziare il racconto di una vecchia leggenda recanatese che vuole fornirci notizie sull’origine della “Justissima Civitas RECINETI. Si racconta, infatti, che nel V° secolo alcuni degli esuli di “RICINA” (Helvia Recina) si insediarono sulle pendici di una collinetta a 15 Km di distanza fondando la nuova “Piccola Ricina” (RECINETTA). Essi erano estremamente devoti ai Santi Flaviano e Vito (elevati al rango di patroni della città dopo un loro intervento salvifico) e, confidando in Questi, continuarono a frenare l’avanzata dei Goti invasori resistendo eroicamente ai numerosi assedi. Finalmente nel 555 Narsete riconquistò la Marca e cacciò definitivamente i Goti dall’Italia e la novella Ricina sotto la guida solerte del loro vecchio centurione Julio Claudio Sestilio cominciò ad accrescersi e consolidarsi acquisendo il nuovo nome di: “Castello de’ Ricinesi”. Si fondarono così altri nuovi castelli sulle cime dei colli limitrofi inglobando in essi anche popolazioni picene autoctone e genti differenti giunti in zona a causa delle guerre intercorse; con il volger degli anni questi castelli erano così vicini da porre la necessità di unirsi tra loro in foggia di municipio: Civitas Rachanatum. Semplice fu unire le mura dei nuovi insediamenti sulla vetta dei colli, però ahimè assai più complesso fu armonizzare le menti e gli intenti degli abitanti; essi avevano origini differenti e ciascuno si credeva detentore unico di irrinunciabili verità assolute. Alcuni si rifacevano alle origini picene della città, altri alla gloriosa storia della ROMA CAPUT MUNDI, altri ancora alle influenze Celtiche, altri infine si gloriavano di essere gli eredi dei barbari germanici. Porre ordine politico alla costituenda Civitas sembrava essere cosa ardua e si racconta che i pretendenti allo “scettro” di Priore fossero più di cento, ciascuno in guerra con l’altro; la città era allo sbando, sprofondata nel Caos più completo e in balia dell’arroganza dei contendenti. Il reggente Mauritius Paulus Maximus (detto il malizioso) organizzò pertanto incontri di volontari per garantire un adeguato ordine nella città; ogni riunione era peraltro preceduta da una cerimonia religiosa comunitaria dedicata ai due Santi Patroni. Nel corso di uno di questi incontri apparvero nuovamente dal nulla le due “figure luminose” del Vescovo Martire San Flaviano e del giovane martire San Vito; i due Santi erano adirati per i nuovi eventi, ma vollero rassicurare tutti i presenti che la loro fede in Cristo li avrebbe salvati. Annunciarono che la nuova liberazione della città era imminente e che eventi prodigiosi sarebbero nuovamente accaduti il 15 giugno di quello stesso anno. All’alba di quella data infatti ricomparvero tutti quei piccoli rapaci del genere della “civetta” che anni prima aveva liberato Recinetta dagli antichi usurpatori; tale avvenimento rappresentò per tutti un severo monito in ricordo a quello che era accaduto anni prima. Alle ore 13 il reggente Maritius convocò tutti i 100 candidati a Priore nella piazza lunga della nuova città e chiese loro di esprimere in modo succinto i loro progetti. Durante la lunga presentazione Le Civette non restarono inermi e parteciparono contestando o approvando i candidati con il loro canto o addirittura cacciando con numerosi colpi di becco quelli ritenuti indegni. Alla fine erano rimasti due soli contendenti e la scelta tra essi risultava impossibile; le civette sembravano difendere entrambi i due cittadini superstiti che si erano proposti alla carica di Priore della città e impedivano qualsiasi scelta. Visto questo nuovo miracoloso evento l’intera popolazione li nomino entrambi “Primi Priori” della “Justissima Civitas Recineti” e decise quindi che la nuova Città fosse da allora governata con i medesimi compiti da ben due reggenti da rieleggere ogni anno. In quel 15 giugno la Nuova Civitas si ritrovò finalmente unita ad acclamare i due nuovi Priori e fece baldoria anche assieme alle numerose Civette fino a notte fonda con Canti e Suoni prodotti da strumenti improvvisati. Si racconta che per l’occasione ogni abitante offrì tutte le proprie scorte di vino e dolciumi e che ognuno di questi musicanti amava farsi chiamare con l’appellativo di ‘A CIUETTA (la civetta).