Nella chiesa del convento dei Cappuccini si conserva la bella pala d'altare maggiore del sec. XVII raffigurante la Traslazione della S. Casa di Loreto, e soprattutto la pala del secondo altare di destra, capolavoro attribuibile al Caravaggio rappresentante il "Ritorno dall'Egitto" della Sacra Famiglia (nella foto).
Dalla documentazione in possesso del comune di Recanati, quest'opera, che per primo nel 1912 lo studioso recanatese M. Patrizi attribuì al Caravaggio, è presente presso la chiesa dei Cappuccini di Recanati a partire dalla fine del sec. XIX. Nel presente dipinto la Sacra Famiglia è colta nel momento di consumare una cena frugale e l'episodio evangelico è descritto in maniera realistica. Uno dei due angeli che scendono abbracciati dal cielo porta sulla mano una palma; poiché nella tradizione iconografica questa è generalmente collegata al martirio come principio della nuova vita, nel presente dipinto il tema della passione è posto in relazione con le erbe che dal grembo della Vergine passano nel piatto tenuto da Gesù e che simboleggiano, con ogni probabilità, le erbe amare con cui gli ebrei celebravano la Pasqua.
Sul piano iconologico, dunque, si può pensare che l'artista abbia voluto proporre, a partire dall'episodio del ritorno della sacra Famiglia dall'Egitto, che Gesù è la nuova Pasqua, infatti non è la Vergine che tiene il piatto con le erbe da preparare per la cena ma è Gesù, poiché è lui che deve consumare le erbe amare, cioè bere il calice della passione redentrice. Se il tema del ritorno dall'Egitto aveva qualche raro precedente nella storia dell'arte, l'inserimento del tema della passione in questo soggetto sembra assolutamente originale e forse è da collegare alla committenza: i Cappuccini infatti, fin dai primordi della riforma, manifestarono particolare devozione verso questo tema. Come nella Madonna dei Palafrenieri (Galleria Borghese), la Vergine è particolarmente inserita nel mistero della Redenzione poiché il tema delle erbe (passione) congiunge intimamente la Madre col Figlio.
Se l'opera è effettivamente del Caravaggio, l'ipotesi più probabile è che provenga dal convento di Tolentino. Secondo la lettera di Lancillotto Maurutio del gennaio del 1604, il "pittore eccellentissimo et di molto valore" Caravaggio si troverebbe a Tolentino per eseguire la pala dell'altar maggiore della chiesa dei Cappuccini. Dal soppresso convento di Tolentino (1866) sarebbe passata a quello di Recanati fra il 1886 e il 1898, anno in cui è segnalata per la prima volta dallo Spezioli nella sua Guida storica di Receneti (P. Giuseppe Bartolozzi).
La grande pala d' altare, la cui qualità e potenza espressiva è indiscutibile, è del Caravaggio? Che il quadro sia "caravaggesco" e che sia di altissima qualità non vi sono dubbi. Stiamo discutendo, in ogni caso, di un capolavoro memorabile. L' impostazione della pala di Recanati è densa e complessa sotto il profilo iconologico ma piuttosto classica sotto il profilo iconografico. Il gruppo della Madonna, il Bambino e San Giuseppe è ben collegato. La figura della Vergine giganteggia sotto il duplice profilo disegnativo e cromatico, il s. Giuseppe appare meno approfondito ma è icastico e essenziale; i rari brani di Natura Morta sono bellissimi e l' insieme dell' opera colpisce per la sua bellezza. Anche la zona in alto è molto evidente e densa di contrasti luce e ombra. L' aspetto narrativo è sviluppato come meglio non si potrebbe. I colori sono proprio quelli caravaggeschi con una punta, mi verrebbe da dire, di classicismo quasi carraccesco per l' evidenza nobilissima delle forme e l' attenzione scrupolosa alla descrizione dell'ambiente. Anche questo elemento non disdice al Caravaggio che fu apprezzato da Annibale Carracci e a sua volta guardò con attenzione ai primi esiti del classicismo carraccesco a Roma.
Il quadro di Recanati potrebbe essere collegato con la committenza di Mons. Pandolfo Pucci che ospitò il giovane Caravaggio all'esordio della sua attività a Roma e per il quale l'artista fece, come afferma il Mancini, "copie di devotione che sono in Recanati"? Tale tesi risulta difficile da sostenere: il quadro non è una "copia di devozione" ma è opera originalissima e personalissima, chiunque ne sia l' autore. Ha una freschezza di stesura e una efficacia espressiva che mai potrebbe far pensare a una copia. Inoltre è grande mentre le copie di devozione è lecito pensare che fossero dei quadretti, ripresi da qualche celebre prototipo che però non conosciamo, appunto di devozione e quindi riservati allo spazio della casa o, al più, della sacrestia, ma senza la pretesa di avere una grande e potente presenza nello spazio.