Di Antonio Baleani

Forse non tutti i recanatesi sanno che una quindicina di sacconi bianchi per antica tradizione, nella processione del Venerdì Santo, si vestono con abiti messi a disposizione da Casa Leopardi.

Circa mezz’ora prima dell’inizio processione, un gruppo di cittadini che nel tempo si sono guadagnati quest’ambita possibilità, si ritrovano per vestirsi da sacconi bianchi proprio a Casa Leopardi, con una tunica di stoffa grezza, pesante, molto vecchia, trattenuta in vita da una corda intrecciata e annodata a cui è legato un grosso rosario nero che li distingue dagli altri comuni sacconi bianchi che si vestono invece nella chiesa di S. Vito.

Quando Giacomo Leopardi era bambino, al momento del passaggio della processione, si nascondeva dietro il portone di casa perché aveva paura degli uomini neri incappucciati che chiamava per questo “i bruttacci”.

Lo stesso Giacomo, da giovanetto, incoraggiato dal padre Monaldo, era solito recitare i suoi ragionamenti sulla passione di Cristo, appositamente composti per commemorare i venerdì di Quaresima, durante i quali li esponeva nella cappella della Congregazione dei Nobili della chiesa di S. Vito.

Come si può leggere dai suoi Annali, fu proprio Monaldo Leopardi a voler tornare alle antiche tradizioni della Confraternita; egli infatti, dopo la soppressione di molte di esse da parte del governo francese, si adoperò per rielaborare personalmente i nuovi statuti, reintroducendo vecchie norme del ‘600 basate sulla reciproca carità e assistenza.

Sempre secondo Monaldo Leopardi, anticamente, tali Confraternite erano fittamente intrecciate al tessuto sociale della città, poiché vennero costituite non solo a scopo religioso e solidaristico, ma esse ebbero anche una forte connotazione di carattere politico e corporativo.

 

 

 

Antonio Baleani