Di Paolo Basilici, architetto
Intanto dico subito che insieme a me ha lavorato a quest’opera anche un grafico bravissimo, che stimo molto dal punto di vista professionale e per di più è anche un’amico. In lui si fondono mirabilmente perizia tecnica, dimestichezza con i programmi di grafica computerizzata ma anche sensibilità grafica e direi pittorica, essendo lui un diplomato all’Accademia di Belle Arti di Macerata. Si chiama Maurizio Ferracuti. Senza di lui le mie intuizioni non avrebbero avuto le forme accattivanti che vi mostrerò. A lui si devono inoltre molte felici invenzioni.
Per gli operatori culturali. Come si fa ad esprimere con una immagine sola la complessità del richiamo culturale di una città? Quando l’assessore Taddei mi ha chiamato mi sono messo subito a pensare a quale epoca storica far riferimento per la realizzazione pratica del logo. Ho pensato al medioevo, l’epoca della fondazione della città; avevo in mente una bella scrittura onciale, oppure un monogramma sul genere di quello della bolla di Federico Secondo conservata al museo di Villa Colloredo, un genere di scrittura nel quale Malleus è un maestro. Oppure ho pensato al quattrocento, al periodo della fiera, al rinascimento, a Loreto, ai soldi e alla cultura umanistica della città, alla “Justissima Civitas” e mi immaginavo caratteri capitali e colori lotteschi. Poi ho pensato all’ottocento di Leopardi e al suo tempo, ai caratteri corsivi delle sue lettere, al romanticismo dei dolci colli e alla città-villaggio. Ho pensato ancora alla città industriale di oggi, alla nuova realtà imprenditoriale fatta di luci e di plastica; ne sarebbe scturita un’immagine minimalista e d’acciaio, o di alluminio, con i colori freddi e pungenti della modernità.
Ero pieno di dubbi su quale fosse stato il periodo e quindi l’immagine di riferimento più opportuna. L’assessore però non aveva dubbi. Bisognava dare della città un’immagine attuale che contenesse tutto!!!!, un’immagine che avesse dentro di se il romanticismo ma anche la modernità, che avesse la cultura del canto e del teatro, della poesia e del paesaggio, della buona ospitalità ma anche del buon mangiare e del buon bere: che fosse un’immagine eloquente ed esportabile; un condensato di tutto ciò che la città è stata ed è.
E così ho pensato al mare e al vento, alle colline e al sole, all’aria buona e alla bellezza delle nostre
È uscito fuori un condensato di tutto questo, morbido e fluido, direi amichevole e molto naturale, ma anche aperto e misterioso. Poi ci sono gli uccelli in volo che comunicano immediatamente un senso di libertà e di ariosità. Il marchio è perfettamente riconoscibile e identificabile. Imponente quel tanto che serve a tener testa (a fare da testata) ad uno scritto, sia esso istituzionale o promozionale, sia esso collocato su una rivista o su un giornale, sia stampato su carta patinata o sull’elenco del telefono. Condensato quel tanto che serve a garantire la leggibilità a colpo d’occhio. Il logo, cioè la forma della parte letteraria, e la parte grafica si fondono e si compenetrano, diventando una cosa sola nella brevità di uno sguardo. La leggibilità è garantita e testata, nonostante la complessità direi quasi strutturale della parola “Recanati” con la sua lunghezza, con la difficilissima “R” iniziale, con le due “a”, con la pericolosissima “i” finale, con le sue quattro sillabe. Ho scelto di scriverla in minuscolo; comunica più confidenza e incute meno riverenza.
In ogni caso dentro il marchio si possono individuare alcuni significati. Si può vedere il vento, materializzato dallo svolazzo e dagli uccelli, si può vedere il morbido andamento delle nostre colline. Qualcuno potrà ravvisare una sciarpa o un fazzoletto, i più audaci si potranno spingere a vederci una tenda o un sipario. Io ci vedo un nodo alla cravatta, un nodo al fazzoletto. Una bonaria pretesa di eleganza e un segno di memoria, quasi a voler significare un ricordo indelebile. Mi piace pensare anche ad una cornucopia, simbolo di abbondanza, dalla quale potrebbero uscire pomi dorati, grappoli d’uva, melograni o magari qualche salame. Ma per qualcuno i volatili potrebbero richiamare alla memoria il passero solitario e a qualcun’altro addirittura sembrerà di veder sbucare tra le pieghe del panneggio il profilo di Leopardi! La conformazione finale del marchio insomma vorrebbe essere altamente evocativa. Non tutti i significati sono espressi, ognuno ci può mettere del suo e ci può vedere quello che vuole. Questo processo personale arricchisce la forza della comunicazione e ne favorisce la memorizzazione.
Accanto a questo logo si pongono, a seconda delle circostanze, tre slogan, o come dicono gli addetti ai lavori, tre payoff che sinteticamente parlano di Recanati e fanno sognare: Città del buon vivere - Uno spettacolo all’infinito - Dove vive la poesia. Il primo, dal sapore godereccio, esprime la bontà d’animo della nostra gente, la ricchezza dell’offerta turistica, il bel territorio e la buona aria, la buona tavola e il buon bere. Sinteticamente esprime la possibilità di immergersi nella natura e di goderne il beneficio, di riappacificarsi con essa. La possibilità di essere qui da noi dei perfetti “Bon vivent”. Il secondo fa pensare ad un continuo ed incessante spettacolo della natura ma anche una profusione di eventi artistici. Richiama l’arte del bello, del paesaggio sconfinato di leopardiana memoria ma anche la musica di Beniamino Gigli, del Persiani e di Musicultura, poi le attività teatrali e i tanti eventi culturali. Si pone in linea con la promozione turistica della Regione Marche. Buon per noi che ogni volta che risuona la parola “Infinito” la gente pensa a Recanati. Il terzo esprime in sintesi i due precedenti perchè amenità dei luoghi, buon vivere, cultura e spettacolo coesistono in questa città e sono indissolubilmente legati ad essa. D’altra parte, più che “città della poesia” l’espressione “dove vive la poesia” esprime il radicamento, la permanenza, l’interconnessione tra il lirismo poetico e la bellezza del luogo. Potrei dire, se qualcuno non si offende, che Leopardi torna ad essere un po’ più recanatese. Mentre il primo esprime un senso di accoglienza, e quindi è preferibile usarlo all’inizio di una comunicazione, il secondo va meglio come forma di commiato, come arrivederci, come volontà di prolungare l’incontro con l’ospite. Il terzo va bene anche da solo, sia in apertura che in chiusura di comunicazione. Il primo si associa preferibilmente all’enogastronomia e al commercio, il secondo all’attività artistica e degli eventi culturali. Il terzo ha a che fare con la poesia, con la storia, con l’architettura e la geografia.
Il marchio che vi ho mostrato è parte integrante di un sistema comunicativo grafico-linguistico che potremmo chiamare “immagine scoordinata”. È un concetto nuovo che da qualche tempo si fa strada nella comunicazione grafica, in parziale opposizione al concetto di ”immagine coordinata” che ormai quasi tutti conoscono. Significa avere un’immagine basata non più solamente su un logo o un marchio ma su più simboli grafici, riconducibili tutti ad un’unica matrice formale e di comunicazione, da usare insieme, o meglio in alternativa a secondo delle occasioni e delle circostanze. Si individua così un’immagine che chiamerei principale da usare per le comunicazioni a tutta pagina o in giustezza di testo, per i capoversi e le intestazioni; è il marchio che vi ho mostrato stasera, unito o meno ai payoff dei quali ho già parlato.
Il marchio è proposto poi anche in una forma “sintetica”, preferibile quando le dimensioni o le circostanze impongono l’uso di un monogramma. Come si può vedere, la forza comunicativa del marchio non viene sminuita. Questo perché, ne siamo certi, è stato associato al logo Recanati un simbolo grafico forte dal significato aperto e suggestivo, nel quale crediamo pienamente.
C’è infine un marchio secondario, “complementare”. Rappresenta la torre civica, simbolo dell’unità della gente e della terra di Recanati, anche questo un simbolo altamente evocativo e per questo più volte usato in passato per la comunicazione grafica. Qui è proposto in una forma stilizzata, a silouette, leggermente prospettica. Elemento di unione grafica con tutta la serie è il volo di uccelli colorati. La sagoma svettante della torre si presta bene a comunicazioni più istituzionali, dall’impostazione grafica lapidaria. Bella intuizione di Maurizio è stata il colorare con la stessa tinta degli uccelli la cella campanaria della torre. A me sembra una scelta delicatissima, molto romantica. Anche a questa immagine si possono associare a piacimento i tre slogan che conosciamo.
Quando vedi una tua creatura per giorni e giorni non riesci più nemmeno a giudicarla; non la vedi più. È come un figlio. Così adesso, pur credendo molto in quello che abbiamo fatto mi vengono mille dubbi, perché un’immagine così non si era mai vista e si ha sempre paura di aver fatto troppo o troppo poco. Di essersi spinti al di là delle colonne d’Ercole del conosciuto. È un malessere che penso sia comune a tutti coloro che hanno a che fare con la creatività.
Per gli operatori economici. Tra le tante cose che volevo inserire nel marchio volevo rappresentare la bellezza delle nostre colline e la bontà delle nostre colture agricole, dal quale prende le mosse il pane, il vino e l’olio, la carne e la verdura. Abbiamo fatto diverse prove ma alla fine mi usciva sempre fuori “la valle degli orti”. Dopo mille prove e ripensamenti, attraverso un lavoro più di sintesi che di associazione, più di allusione che di citazione, il marchio si è concretizzato. Così com’è il marchio comunica armonia ed esattezza, al tempo stesso parla di estro e di accoglienza cordiale. Potrà contrassegnare la città nelle sue proposizioni sulla stampa e sulle riviste, sulle comunicazioni verso l’esterno, ad esempio verso i turisti, oppure essere usato per le comunicazioni interne, il giornaletto per la sagra o la festa, il depliant delle feste patronali o di quartiere. Parlerà in un sol colpo d’occhio di Recanati e spero riesca a comunicare i tanti significati che abbiamo voluto inserirci. Poi, certamente, ci sono delle vie, dei canali preferenziali, attraverso i quali il marchio si diffonderà: In primo luogo la shopper in cartoncino, tutta ancora da studiare ma che , se è fatta bene, potrà circolare sulle mani dei turisti moltiplicando la pubblicità alla nostra città. In secondo luogo la sciarpa, o se volete, il foulard del marchio potrebbe materializzarsi e divenire un prezioso oggetto in seta o in lana da acquistare nei negozi cittadini, ovviamente in tutti i possibili colori ma sempre contrassegnato con il marchietto della città. Penso a qualcosa di bello che le donne possano esibire con eleganza. Ancora, perché non pensare similmente a qualcosa per gli uomini; perché no ad una cravatta, non pacchiana, anche questa bella ed elegante, o ad una sciarpa.
Infine si potrebbero marchiare con il simbolo di Recanati i prodotti della nostra terra quali l’olio, il pane, i salumi e il vino, tutta roba che i turisti comprano volentieri. Abbiamo anche pensato ad un gadget molto in voga tra i giovani: cioè la T-shirt Dia 8 e 9 sulla quale riprodurre con colori accattivanti il marchio di Recanati. La sinergia tra le varie forme comunicative sono convinto che amplificherà gli effetti di una campagna identificativa come questa. Il marchio di Recanati diventerà così in giro per l’Italia e per il mondo sinonimo di città bella e buona, proprio come propongono i payoff che accompagnano il logo. Spero che da oggi tutti noi cominciamo a familiarizzarci con questo nuovo simbolo e mi auguro tanto che possa presto diventare un contrassegno di stile e di bontà; una specie di marchio DOC per tutto ciò che di buono Recanati ha da offrire.