Di Gabor Bonifazi
Una volta il fascino di questa cittadina rivierasca non era dovuto soltanto alle vestigia del Castello Svevo, costruito dai recanatesi per difendere la costa dalle incursioni dei saraceni, o ai bagni di sole e alle storie d’amore consumate ai tempi della Belle Epoque nei dintorni del Kursaal, ma anche a quelle meravigliose donne della riviera: le “purtannare”.
Matriarche come Vincenzina e Felicina o come “le Girine”, due sorelle perennemente vestite di nero e perennemente indaffarate a spingere caratteristici carrettini stracolmi di pesce al grido “vivu! vivu”.
Chissà che il raglio dell’asino non arrivi in cielo. Nel 2007, proprio mentre chiudeva il “Palio della sciabica”, Filippo Valentini detto “Pippo”, l’ultimo “el parò” della sciabica vendeva l’arcaico attrezzo di quella pesca praticata anche da San Pietro, non solo per motivi burocratici ma anche per la difficoltà di formare una ciurma di sciabegotti vigorosi. Insomma la sciabica come la purtannara entra nei musei, e a quest’ultima matriarca dei tempi andati è stata dedicata la lancetta del palio. Comunque dopo giorni di pesce congelato o di allevamento propinato da gran parte dei ristoratori, all’insegna di un turismo sostenibile, finalmente fra un paio di settimane del tanto discusso “fermo biologico” in voga da oltre vent’anni, si ritornerà a pescare. Il fermo biologico dovrebbe consentire il ripopolamento di questa parte del mare Adriatico, un periodo che consente agli armatori di effettuare opere di manutenzione, un periodo di ferie per la ciurma. Presto grossisti ed ambulanti riprenderanno fiato, così pure le pescherie e i ristoratori con grande piacere dei consumatori.
Probabilmente i prezzi saranno contenuti ed è prevedibile una pesca miracolosa di triglie e seppie. I pescherecci della piccola flottiglia di Porto Recanati (il “Nevia” comandato da Espartero Rombini, il Castagnà comandato da Attilio Valentini, l’Enterprise comandato da Pacifico Rombini, con marinaio d’eccezione quale Biagio Tiseni detto “el Ciompo”, il “Top Gun” comandato da Angelo Malaccari, il “Mistral” comandato da Giancarlo Pandolfi e Nazzareno Cionfrini e l’”Atlantide” comandato da Antonio Cionfrini detto “Mennea” e dal fratello Fiorenzo) stanno già scaldando i motori e sono pronti a salpare le reti ad oltre sei miglia per la prima mezza dozzina di cale.
Le cime saranno tese, il mare probabilmente in bonaccia, il sacco dello strascico e dei rapidi saranno colmi di seppie, sogliole e raguse. Insomma si recupererà il pesce perduto perché fino a Ferragosto non è andata molto bene nè la pesca col serraglio alla foce del fiume Potenza per mancanza d’acqua, né quella praticata dalla piccola pesca con una ventina di lancette issate con i verricelli sulla spiaggia di Castelnuovo.
Infatti con le retine sono state pescate molte pannocchie, raguse e le poche sogliole sono state pesate con la stadera e vendute direttamente in spiaggia. Insomma il mare non racconta più le storie di scalanti, argani e pesche miracolose, le ultime storie ci vennero narrate da Domenico Pandolfi che con i suoi novantasette anni era certamente il pescatore più vecchio di questa riviera che ha preferito il cemento alla pesca, il turismo all’ambiente. Al tramonto Domè, l’ultimo pescatore, amava raccontare del primo peschereccio con motore Ansaldo del 1934, della casa costruita in riva al mare dai Lanari nel 1924 e di quella della Fermana detta “la Ricca” ora ridotta in “Bed & Breakfast”. Altri tempi, altri signori, altra edilizia.